In Mali il fenomeno della migrazione è così complesso da richiedere una riflessione costante, soprattutto perché, riguardando da vicino gran parte della popolazione locale, il fenomeno è così pervasivo da essere spesso dimenticato o banalizzato. L’essere un migrante invisibile spesso finisce per essere accettato e considerato da tutti come la norma.
Fare luce sui percorsi di vita di ciascuno, guardare i migranti negli occhi, dar loro voce, denunciare e prestare assistenza nei casi di violenza, può essere un modo efficace per stimolare la riflessione, rompere gli stereotipi e bandire lo stigma.
Un tempo modello di democrazia africana, il Mali vive da più di un decennio in una gravissima situazione di conflitto e instabilità politica.
Attraverso il nostro lavoro nel paese offriamo alle comunità di migranti punti di ascolto, informazioni e servizi psicosociali adeguati alle loro esigenze; monitoriamo, segnaliamo e denunciamo pubblicamente le violazioni dei diritti umani ai danni dei e delle migranti; e lavoriamo per consentire loro di uscire da frequenti situazioni di reclusione, esclusione, rifiuto da parte della comunità, e discriminazioni spesso associate ad abusi e violenze.
Recentemente abbiamo rafforzato le competenze di oltre 50 operatori e operatrici in prima linea provenienti da 12 diverse strutture - tra cui organizzazioni della società civile maliane e internazionali, strutture pubbliche locali ed esperti - attraverso formazioni su gruppi di discussione terapeutici, sulle nozioni di genere e migrazione e sul monitoraggio di casi di violenza. Assieme ai nostri partner abbiamo assistito oltre 12.000 migranti in transito a Bamako, rifugiati, richiedenti asilo o sfollati interni offrendo alloggio, riferimento a servizi specialistici, assistenza medica e percorsi psicosociali individuali o di gruppo, sia a Bamako che a Mopti. Conduciamo anche gruppi di discussione terapeutici e di sensibilizzazione per rispondere meglio ai bisogni dei migranti e alla loro protezione.
Non solo il paese si trova in uno dei punti geograficamente più strategici per le migrazioni verso l’Europa, ma l’instabilità politica e le conseguenze della guerra hanno creato un vuoto nella gestione del fenomeno migratorio, situazione accentuata dai movimenti di migliaia di sfollati al suo interno. I dati e le stime dei rapporti prodotti da varie organizzazioni internazionali (Organizzazione Mondiale per le Migrazioni, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) negli ultimi anni indicano la presenza in Mali ogni anno di circa 10.000 persone (di oltre 30 nazionalità diverse), nell’ambito della “rotta migratoria”, in particolare nelle città di Bamako e Gao. Si parla qui di migranti in transito, ma anche dei tanti respingimenti dal Maghreb. A ciò si aggiunge lo sfollamento interno che conta circa 500.000 persone che si sono trasferite nelle regioni di Gao, Mopti e Bamako. Queste cifre sono in costante aumento. In questo contesto fragile e complesso i migranti, ed in particolare le donne, i minori e le minoranze di genere sono particolarmente vulnerabili e spesso vittime di abusi, violenze, assenza di diritti, sfruttamento e discriminazione a vari livelli.
Il CISP, attraverso il progetto "Kafamuya", si occupa - sia direttamente sia sostenendo le capacità delle organizzazioni locali e dei difensori dei diritti umani - della tutela e difesa dei diritti dei migranti, delle donne vittime di tratta di esseri umani durante migrazione e delle minoranze di genere in Mali.
Troppo spesso i e le migranti vivono in situazioni di subalternità, oppressione e prevaricazione. Per sollevarli e permettere loro di riconquistare libertà di scelta sulle proprie vite ci occupiamo non soltanto di protezione diretta, ma anche di mettere in piedi meccanismi di informazione e sensibilizzazione verso diversi attori della società. Diffondiamo informazioni sulla natura della migrazione, sui migranti in movimento e sui rifugiati, sui richiedenti asilo di Bamako, sugli sfollati forzati nei siti di Bamako e Mopti sugli sfollati interni, favorendo la comprensione della questione da parte di varie fasce della popolazione maliana, come autorità nazionali, forze dell'ordine, giornalisti. Conoscere il fenomeno, infatti, facilita la convivenza pacifica e il riconoscimento dei diritti di queste comunità.
Al centro di questo processo di sensibilizzazione abbiamo voluto dare ai migranti una voce per testimoniare le proprie esperienze, per sentire dalla loro voce e con le loro parole quello che vogliono comunicarci e non quello che noi vogliamo sentire. Di recente il laboratorio: “Care – Empowerment – Espressioni artistiche” avuto particolare successo. Una ventina di donne migranti sono state seguite da un team multidisciplinare attraverso danza, canto, espressione artistica e Citizen Intelligence. Questa dinamica ha permesso alle partecipanti di raccontare e raccontarsi muovendosi tra l’ambito individuale e quello collettivo, tra il giusto e l’ingiusto, creando performance artistiche volte alla difesa e rivendicazione dei propri diritti.
Nell’ambito delle residenze artistiche le donne hanno potuto lanciare le loro “grida del cuore”, CRIS du CŒUR, a testimonianza delle ingiustizie vissute nel loro percorso migratorio e durante la permanenza in Mali. Alcune di queste testimonianze sono raccolte nelle foto della galleria qui sotto.