Il rapporto Mondiale sullo Sviluppo della Banca Mondiale pubblicato nel 2023 era dedicato al tema della relazione fra migrazione e sviluppo. Parliamo di un fenomeno di enorme rilievo per i paesi da cui migranti e richiedenti asilo partono e i paesi che li accolgono che coinvolge ad oggi circa il 2,3% della popolazione mondiale che risiede in un paese diverso da quello di cui ha la cittadinanza. Il rapporto era centrato fra l’altro sull’idea che per ridurre i rischi e massimizzare l’impatto positivo della migrazione internazionale sui processi di sviluppo sia necessario analizzare e promuovere la coerenza (il matching) fra i motivi per cui migranti e richiedenti asilo si muovono verso un paese e i meccanismi e le politiche di gestione del fenomeno e di accoglienza ed inclusione nelle società che accolgono.
Se pensiamo ad esempio all’Italia, la scelta non è tanto quali migranti siamo disponibili e ci serve accogliere. Non si tratta di “scegliere” i migranti che accogliamo. Su questo la risposta esiste già al di là delle chiusure e delle manipolazioni ideologiche: abbiamo bisogno di inserire numeri importanti di persone che provenendo da altri paesi decidano di investire nell’integrarsi in Italia. Qui parliamo di altro: dobbiamo anche dirci che tipo di società italiana vogliamo, che tipo di sistema sociale e di settori produttivi vogliamo vedere intorno a noi.
Facciamo un esempio di grande attualità: la nostra aspirazione è un’agricoltura italiana che tolleri e in certe aree basi la sua competitività sullo sfruttamento ed il capolarato? Per quello un sistema che non preveda nella sostanza meccanismi di migrazione regolare e non garantisca meccanismi di integrazione per i rifugiati rappresenta il “matching” perfetto.
Siamo sicuri che vivere accettando situazioni di totale mancanza di diritti ci convenga come esseri umani?
Facciamo pure l’esercizio di metterci nei panni di chi adotta, diciamo così, un approccio “pragmatico” sul tema dei diritti che risponde più o meno allo slogan “Il rispetto dei diritti delle persone è un lusso che non possiamo permetterci” ad esempio per un settore agricolo competitivo. In questo caso come consumatori ci sentiremmo garantiti da vedere persone del livello morale che abbiamo visto in azione nell’Agro Pontino fra i fornitori che assicurano i prodotti sui nostri mercati?
Non parliamo “solo” di un problema morale. Sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione di migranti e richiedenti asilo l’Italia sta investendo un po’ di risorse. Lo sta facendo male. Spende male per l’accoglienza nell’emergenza. Spende pochissimo e malissimo nell’integrazione. E così sta perdendo drammaticamente la sfida del trattenere ed integrare nel nostro sistema sociale ed economico chi potrebbe dare un grande contributo alla vitalità delle nostre comunità e dei nostri sistemi produttivi. Queste persone, queste famiglie arrivate ed assistite qui nella prima fase dell’accoglienza umanitaria decidono regolarmente di lasciare l’Italia e trasferirsi in altri paesi che godranno di quel contributo. Lo fanno anche perché spesso, in Italia, gestire in modo ragionevole e sensato il contatto con l’amministrazione pubblica per un permesso di soggiorno, farsi riconoscere un titolo di studio, accedere ad un servizio di assistenza all’integrazione rappresenta uno scoglio insuperabile in una giungla burocratica.
Diventa sempre più chiaro che l’Italia e tanti paesi devono porsi il tema dell’accoglienza e dell’integrazione in modo concreto e innovativo.
La sfida dell’innovazione e della creatività riguarda tutti.
Alcuni spunti sul nostro lavoro sul tema:
1 – Programa Integra in Ecuador
2 – Osservatiorio sulle migrazioni a Roma e nel Lazio